LA QUERCIA È CADUTA

Molte le affinità tra Papa Francesco e don Primo Mazzolari, condivise nel loro pensiero e nella loro visione della Chiesa e della società. Una sintonia evidenziata il 20 giugno 2017 nel pellegrinaggio di Papa Francesco a Bozzolo sulla tomba di don Primo Mazzolari, per la quale nelle settimane precedenti aveva fatto dono di una rosa d’argento. Don Umberto Zanaboni, vicepostulatore della causa di beatificazione del servo di Dio don Primo Mazzolari, ne evidenzia alcune convergenze.
Chiesa povera per i poveri. Entrambi hanno avuto a cuore una Chiesa vicina agli ultimi, agli emarginati e ai bisognosi. Don Mazzolari parlava di una Chiesa che doveva essere “di tutti e particolarmente dei poveri”, mentre Papa Francesco ha più volte ribadito l’importanza di una “Chiesa povera per i poveri”. Nel 2016, in occasione della pubblicazione del libro La parola ai poveri, Papa Francesco nell’introduzione autografa scrisse: “Ci farà bene leggere e meditare queste pagine molto attuali di Don Primo Mazzolari, sacerdote coraggioso. Lui ci ricorda che i poveri sono la vera ricchezza della Chiesa, i poveri sono l’unica salvezza del mondo! Chiediamo al Signore la grazia di vedere i poveri che bussano al cuore, e di uscire da noi stessi con generosità, con atteggiamento di misericordia, perché la misericordia di Dio possa entrare nel nostro cuore”.
Misericordia e accoglienza. Entrambi hanno insistito sulla centralità della misericordia. Don Mazzolari parlava di una Chiesa che non giudica ma accompagna, mentre Papa Francesco ha posto la misericordia al centro del suo pontificato. Nella loro scelta preferenziale per i poveri e gli ultimi, la loro attenzione nei confronti di chi ha sbagliato è davvero grande e significativa. Francesco, per esempio, ha visto nei carcerati i più gravi tra i feriti della vita e voleva farsi vicino a ciascuno di loro. Durante il suo pontificato, attraverso gesti dirompenti, come la lavanda dei piedi ogni giovedì santo ai detenuti, ha cercato rovesciare l’idea secondo la quale essi sono le persone più nocive e avversarie della convivenza sociale. Mazzolari nella sua predicazione e nei suoi scritti parla chiaro: “Chi non crede alla redimibilità di una creatura umana non è cristiano». E continua: «Dietro le sbarre c’è qualcuno che gli appartiene, come ci appartengono le creature più care, ci appartiene – perdonatemi l’accostamento – come ci appartiene Cristo. C’è, infatti, una sua parola quasi sacramentale: «Io ero prigioniero e tu mi hai visitato». La giustizia non basta. La giustizia è nelle mani di pochi, la misericordia è nelle mani di tutti. Dove la giustizia si ferma, la misericordia continua”.
Pacifismo e rifiuto della guerra. Don Mazzolari, avendo vissuto sulla propria pelle due conflitti mondiali, era un convinto pacifista, criticando la guerra e promuovendo il dialogo. Papa Francesco non ha mai smesso di condannare i conflitti, chiedendo la costruzione di ponti invece che muri. Le parole gridate dal parroco di Bozzolo nel suo celebre Tu non uccidere sono l’eco del ritornello martellante che il Pontefice non ha perso occasione di richiamare pubblicamente: “Comunque si volgano le sorti dell’Europa, se vogliamo che l’uomo non venga sommerso dall’odio e dalla vendetta e non vengano calpestate la libertà e la giustizia, l’unica politica che salva e costruisce è quella dell’amore armato d’amore. I miliardi che vanno nelle spese militari sono tolti ai poveri. Se quanto si spende per le guerre, si spendesse per rimuoverne le cause, si avrebbe un accrescimento immenso di benessere, di pace, di civiltà: un accrescimento di vita. E non è meglio vivere che morire ammazzati?”.
Chiesa in uscita. Mazzolari parlava di una Chiesa che doveva “sporcarsi le mani” andando incontro alle persone, specialmente ai più deboli: “A cosa serve avere le mani pulite se poi le tieni in tasca? Bisogna usarle, le mani!”). Papa Francesco ha ripreso questo concetto con l’idea della “Chiesa in uscita”, che non deve restare chiusa nelle sue sicurezze, ma andare verso le periferie esistenziali: “La Chiesa deve essere come Dio: sempre in uscita; e quando la Chiesa non è in uscita, si ammala di tanti mali che abbiamo nella Chiesa. […] È vero che quando uno esce c’è il pericolo di un incidente. Ma è meglio una Chiesa incidentata, per uscire, annunziare il Vangelo, che una Chiesa ammalata da chiusura” (Angelus del 20 settembre 2020).
Attenzione ai lavoratori e alla giustizia sociale. Entrambi hanno mostrato una grande sensibilità verso le condizioni dei lavoratori e la necessità di una giustizia sociale più equa. Don Mazzolari si è battuto per il riscatto dei contadini e degli operai, così come Papa Francesco ha denunciato le ingiustizie del capitalismo sfrenato. E questa loro battaglia non è frutto di un’ideologia, ma della loro profonda fede nel Cristo che è chiaro nell’affermare che “Qualunque cosa avete fatto al più piccolo dei miei fratelli l’avete fatto a me”. Dall’omelia di don Primo Mazzolari il 1° maggio 1957: “Cosa domandava il mondo del lavoro il primo maggio? Che tutti potessero lavorare e il lavoro diventasse possibile per qualsiasi, che non ci fossero più braccia senza lavoro, perché, dietro le braccia senza lavoro, ci sono delle famiglie che non mangiano. La fatica deve essere pagata onestamente, deve essere giustamente retribuita. Non si può domandare la fatica dell’uomo e non darle quello che giustamente merita per vivere, non per vivere appena, ma per vivere da uomini e da cristiani, per avere una casa, per avere una tranquillità, per avere nell’ora della sofferenza non il vuoto del bisogno intorno e nessuna mano che s’allunga. E, allora, miei cari fratelli, non vi ricordate che è stata appunto questa Chiesa che ha parlato di un peccato, un peccato contro lo Spirito, cioè il più grande, che non si perdonerà né in questa, né nell’altra vita: il defraudare la mercede all’operaio, qualche cosa di sacro, come un sacramento. E chi non paga la fatica, miei cari fratelli, fa un sacrilegio, è come il sacerdote indegno che butta via l’ostia del Signore”.i, di tutte le razze, di tutte le fedi”.
Dialogo con i lontani e con i non credenti. Mazzolari cercava il dialogo con chi era distante dalla fede, senza escludere nessuno: “Il lontano è il più delle volte un cuore retto, un’anima quasi sempre sofferente, un fratello al quale è mancata un’assistenza, una difesa, un esempio degno della verità” (I lontani, 1938). Papa Francesco ha più volte sottolineato l’importanza del dialogo con atei, agnostici e persone di altre fedi. Per entrambi il cristianesimo deve essere inclusivo, capace di parlare a tutti, senza distinzioni. Il loro sogno è quello di una Chiesa dove, eliminata la condanna, si metta ad ascoltare e comprendere e risvegliare il desiderio di Dio nascosto nel cuore degli uomini e delle donne di ieri e di oggi. Loro non vedono i lontani come un problema, ma come una chiamata rivolta alla Chiesa a essere più autentica, misericordiosa, interessata unicamente ad assumere lo stile del Vangelo.
“Dove c’è il Vangelo, c’è rivoluzione. Il Vangelo non lascia quieti, ci spinge: è rivoluzionario”. Il cuore pulsante della spiritualità di don Primo Mazzolari e del suo ministero pastorale si può racchiudere in queste splendide e potenti parole di Papa Francesco pronunciate nell’Udienza di mercoledì 2 gennaio 2019. Il parroco di Bozzolo fu veramente un animo inquieto. La sua inquietudine nasceva da una triste constatazione, che i cristiani che hanno in mano il Documento più rivoluzionario della storia, per loro ignavia e pigrizia, se non per interessi nascosti e compromessi con i potenti di turno, sono seduti, apatici. “Il Vangelo è tutto – diceva don Primo nella sua celebre opera La più bella avventura – fuorché parola negativa: è vita, fuoco, fermento, passione divina”. Attraverso i suoi scritti, in modo speciale il suo quindicinale Adesso, don Mazzolari ha operato assiduamente affinché il fuoco evangelico presente nel suo cuore potesse ispirare e trasformare le vicende italiane del suo tempo. Auspicare che la profezia di questi due apostoli del Vangelo si possa realizzare oggi in questo contesto di precarietà e paura non è scontato o fuori luogo. È necessario!
fonte: www.diocesidicremona.it