È con profondo dolore che la Fondazione don Primo Mazzolari di Bozzolo piange la morte del professor Paolo Trionfini, avvenuta oggi, 24 aprile 2025, presso l’ospedale di Parma.
Nato a Mirandola (MO) il 21 febbraio 1967, Paolo Trionfini è stato uno dei più importanti studiosi del cattolicesimo italiano contemporaneo e profondo conoscitore della figura di don Primo Mazzolari.
Membro del Comitato scientifico della Fondazione ha curato l’edizione critica di alcuni volumi di Mazzolari (“Tu non uccidere”, “I preti sanno morire”, “Viaggio in Sicilia”) nonché il volume “Discorsi” e “«Dov’è il Padre?» La Missione di Ivrea”.
Nel dolore del distacco, la Fondazione don Primo Mazzolari si stringe con affetto alla sua famiglia, ai colleghi dell’Università di Parma dove insegnava, agli amici.
È morto giovedì 24 aprile all’ospedale di Parma Paolo Trionfini, 58 anni, storico del movimento cattolico contemporaneo e dirigente di Azione cattolica. Originario di Mirandola, dov’era nato il 21 febbraio 1967, è stato a lungo presidente dell’Azione cattolica della diocesi di Carpi.
Agli inizi del 1990, il professor Ottavio Barié, del quale ero assistente presso la facoltà di Scienze Politiche della Cattolica, mi affidò il compito di seguire la tesi di laurea di uno studente, tesi dedicata al rapporto tra cattolici e comunisti nell’Emilia degli anni Cinquanta. Lo studente mi apparve un po’ troppo timido e impacciato, ma, quando presi in mano il primo capitolo, rimasi sbalordito: pagine pulitissime, ricche di contenuto, perfette nella forma. Il lavoro di tesi, come usavamo allora, durò più di un anno, ma il risultato fu scontato: quello studente, Paolo Trionfini, portò a casa senza difficoltà la sua laurea a pieni voti e con lode. Nel 1992, quando divenni professore di Storia contemporanea all’Università di Parma, volli con me quel giovane, cercando di aprirgli la strada alla carriera universitaria. Da allora si consolidò un’amicizia, rafforzata nel crogiolo di libri scritti insieme, di discussioni scientifiche, di battute, di riflessioni sulla Chiesa. Già, perché Paolo e io scoprimmo presto di avere un comune denominatore nell’appartenenza all’Azione cattolica.
Anzi, la sua “militanza” andò presto oltre la mia. Dopo aver ricoperto incarichi di responsabilità nella sua diocesi di Carpi, finì per accettare impegni ancora più consistenti a livello nazionale, servendo per due consecutivi mandati come responsabile nazionale del Settore adulti e perciò come vicepresidente nazionale. Apprezzato da tutti per i suoi ragionamenti, amato per quella sua innata timidezza e anche per quelle sue battute fulminanti che ne rivelavano l’intelligenza.
Ecco dunque – e senza coinvolgere qui la sua bella famiglia – i due poli dell’esistenza pubblica di Paolo: la ricerca scientifica e la passione per la Chiesa. Credo di poter dire che lui è riuscito a tenerli entrambi in equilibrio senza che l’un polo prevaricasse sull’altro. E credo pure che ciò sia dimostrato dalle capacità mostrate sia come direttore dell’Istituto Paolo VI per la storia dell’Azione cattolica (Isacem) sia come autorevole membro del comitato scientifico della Fondazione don Primo Mazzolari. Per non parlare di tante altre collaborazioni, come quella entro il comitato scientifico dell’edizione nazionale delle opere di Aldo Moro.
Impossibile ricordare qui tutti i lavori firmati da Paolo.
Cito solamente gli studi dedicati a figure importanti del cattolicesimo italiano, dal citato don Mazzolari (del quale ha curato la riedizione critica di varie opere, tra le quali i Discorsi e il Tu non uccidere) a don Zeno Saltini, da Ermanno Gorrieri a Carlo Carretto, senza dimenticare Francesco Luigi Ferrari. Ricca è la sua produzione sulla storia dell’Azione cattolica, tanto nella cura di importanti raccolte dei discorsi rivolti dai Pontefici all’associazione quanto nello studio – per fare un solo esempio – dei rapporti intercorsi tra l’Ac e la politica italiana. Devo pure ricordare l’imponente lavoro su La laicità della Cisl. Autonomia e unità sindacale negli anni Sessanta, frutto della sua tesi di dottorato. Né posso dimenticare che nella Storia dell’Italia repubblicana (1946-2018), che abbiamo scritto insieme, le pagine più nuove erano frutto suo.
Paolo Trionfini ha concluso la sua vita terrena lasciando un vuoto che non potrà essere riempito tanto facilmente. Anche in quell’Università di Parma dove finalmente, dal 2019, aveva potuto trovare un posto di ruolo, come ricercatore e poi come professore associato, un riconoscimento davvero tardivo rispetto alle sue qualità di studioso.
Giorgio Vecchio
da “Avvenire” del 25/04/2025

