La visita di Papa Francesco alle tombe di Don Mazzolari e Don Milani è certamente un gesto di conciliazione con due uomini di Dio che hanno vissuto intensamente la loro adesione al Vangelo e la loro appartenenza ecclesiale, circondati da molti sospetti, critiche severe, polemiche durissime.

A Bozzolo Francesco si è fatto a più riprese eco schietta delle parole di Mazzolari, attenendosi con scrupolo al testo scritto che ha confessato di voler leggere per intero nonostante gli fosse stato consigliato di abbreviarlo – così da citare testualmente frasi da omelia e scritti che quel parroco sapeva indirizzare a un pubblico vasto ed eterogeneo proprio perchè nascevano pensando degli uditori ben precisi e noti, i suoi parrochiani.

Quell’invito al “buonsenso”, al “non massacrare le spalle della povera gente”, radicato nella parola di Gesu sui capi religiosi che caricano sui altri fratelli pesi che loro non spostano – è attualissimo ancora oggi in ogni pastorale che voglia conservare la freschezza del Vangelo della misericordia, ma sgorga dalla sollecitudine di Don Primo per il duro mestiere di vivere dei suoi parrochiani, da quell’osservare e conoscere il fiume, le cascine, la pianura che attraversavano l’esistenza dei contadini durante e dopo la tragedia della guerra.

Papa Giovanni XXIII aveva definito Don Primo “la tromba profetica della Val Padana” e ora Papa Francesco ne conferma la profezia di “porta parola” del Signore.