Carissime Amiche, Carissimi Amici,

è con gioia che vi scrivo per augurare a ciascuna e ciascuno di voi e alle vostre famiglie buon Natale!
Questo messaggio rappresenta per me anche l’occasione per rendervi partecipi che da alcuni giorni sono stato chiamato a presiedere la Fondazione don Primo Mazzolari, responsabilità che ho accolto con emozione, gratitudine e speranza.
L’emozione che nasce dalla consapevolezza del significato e dell’importanza del compito che è affidato alla Fondazione: custodire e valorizzare la memoria della vita, del pensiero, della spiritualità, della passione grande per il Vangelo e per gli uomini di don Primo.
La gratitudine per la fiducia che è stata riposta in me dal Vescovo Antonio e dai componenti del Consiglio della Fondazione, e per tutte e tutti coloro che hanno condotto la Fondazione a essere la bella e ricca realtà che è oggi, in particolare la Presidente uscente, Paola Bignardi.
La speranza è che la Fondazione possa continuare lungo la strada tracciata, per approfondire la conoscenza e saper raccontare sempre più e sempre meglio la figura di don Primo, che tanto di significativo ha da dire al nostro tempo, alla nostra Chiesa, alla cultura e alla società di cui siamo parte.
Viviamo in un tempo drammatico ma, come ci ricordano le parole di don Primo che abbiamo scelto per accompagnare gli auguri di quest’anno, il Signore viene per superare ogni confine, abbattere ogni muro, curare ogni ferita.
Accogliamolo!

Matteo Truffelli


LA FATICA DEL NATALE

Perché si sta tanto male, oggi?
Quasi tutti sono d’accordo nel dire che la colpa è delle barriere. Quali barriere?
Tutte: dalle doganali alle nazionali, dalle individuali alle collettive, anche quelle che sembrano giustificate dai sacri egoismi.
Trovata la causa, trovato il rimedio: demoliamo le barriere!
Parrebbe una cosa facile: invece, sia perché manchi la volontà o l’animo, nessuno ci si prova, o provandovisi non conclude.
Vedo gente che, col pretesto di demolire qualche barriera, ha finito con l’innalzarne di nuove e di più gravi.
Che cosa pensa la religione delle barriere?
Le barriere sono costruzioni umane: Dio non le ha volute né comandate.
Barriera è parola antireligiosa, poiché la religione unisce. Dio non ha fatto le montagne, i fiumi, i mari perché dividessero i popoli: come, distribuendo variamente i suoi doni di fecondità, di forza, d’intelligenza non ha inteso che essi servissero come motivo di separazione e di sofferenza tra gli uomini.
Neppur il muro di casa o la cinta del campo: neppure la diversità degli usi, del linguaggio, dei colori: niente è divisorio nel pensiero divino.
Dove nascono le barriere?
Da una prima barriera, che a buon diritto porta il nome di originale: quella che l’uomo ha innalzato tra sé e Dio.
Le rimanenti non sono che l’ombra di quella. Non vedendo più Dio, l’uomo non ha più visto neppure il fratello, e s’è fatto furbopadroneprepotentenemico. Non vedendo più il Padre, l’uomo ha cercato di diventare provvidenza a se stesso in qualunque modo.
Che ne faremo di tali provvidenze strangolatrici?
Noi non siamo capaci di distruggere le barriere. È l’opera delle nostre mani: e ne siamo perdutamente innamorati.
Fu necessario che venisse Uno da là, Cristo Gesù, a spezzare il muro.
Colui che giustamente poteva ritenersi l’offeso: Colui che per sé non aveva bisogno di rompere la barriera, la quale danneggiava soltanto noi, è venuto.
«È venuto in casa sua, e gli uomini non l’hanno ricevuto».

don Primo Mazzolari  (da Il mio parroco)