«Speriamo di essere in tanti». La signora, insieme al marito, attraversa la via principale di Bozzolo quasi deserta per dirigersi verso piazza Europa. La strada è stata sgomberata dalle auto. Bandiere arcobaleno con la scritta bianca “Pace” e della Palestina sono state appese lungo il percorso. Volontari e forze dell’ordine controllano i punti di accesso verso il centro. Il paese è in uno stato di calma inquieta. Alla fine, secondo gli organizzatori, sono state più di 1.500 le persone che nel pomeriggio di sabato 30 agosto hanno risposto presente alla marcia “Gaza nostra ostinazione”, promossa a favore della pace e a sostegno del popolo palestinese, patrocinata dal Comune locale e organizzata da Mantova per la Pace, Tavola della Pace di Cremona e dell’Oglio Po, i gruppi di solidarietà con la Palestina della Bassa Bresciana e l’Ufficio Missionario della Diocesi di Cremona.

Sono oltre 200 le realtà civili e religiose che hanno aderito all’iniziativa, con numerose associazioni giovanili, sigle sindacali, sindaci e semplici cittadini arrivati da molte parti della Lombardia, così come dall’Emilia e altre parti d’Italia, perfino dalla Sardegna. Appartenenze politiche e realtà sociali diverse, persone giovani e meno giovani in cammino e tutte accomunate da una sola, chiara, forte intenzione. Anzi, ostinazione: ribadire la necessità di mettere fine alle violenze e alle stragi in Terra Santa e promuovere un dialogo tra le parti. 

Hanno voluto essere in tanti per dare corpo alle parole di chi non ha voce. Dare consistenza alla visione di un mondo diverso. La pace ha bisogno di carne viva, coraggiosa, fragile. E ha preso forma a Bozzolo, nel segno di don Primo Mazzolari, il parroco d’Italia.

Il silenzio rispettoso dei partecipanti nella piazza è rotto dal rumore delle bombe su Gaza, registrato da un ingegnere del suono palestinese, proposto dall’associazione culturale civico40 di Asola. Così comincia la manifestazione. 

Gli organizzatori leggono l’appello ribadendo come «la Striscia è dei palestinesi, pianificarne l’uccisione è genocidio, cacciarli dalla loro terra è pulizia etnica, il dialogo è l’unico strumento per costruire la pace». Poi, a turno, alcuni brani dei Discorsi di don Primo Mazzolari. Proprio lui, che nel Novecento dava memoria di quelle vite spezzate, con «il richiamo vivo di responsabilità per tutti, non soltanto per quelli che stanno in alto, ma per ognuno di noi, anche l’ultimo degli uomini». Proprio lui che, con ostinata coerenza, scrisse il motto pacifista fondamentale: Tu non uccidere.

Si recitano alcune poesie di autori e autrici palestinesi, in arabo e in italiano. E il silenzio diventa pesante, nauseato, colmo di amarezza. 

Poi il corteo silenzioso, aperto dagli scout di Bozzolo con lo striscione della manifestazione, si dirige verso piazza don Primo Mazzolari e alla chiesa parrocchiale che custodisce la tomba del sacerdote per cui è in corso il processo di beatificazione. Mentre la fiumana di gente cammina portando altri striscioni e bandiere, ascolta in silenzio l’elenco triste e troppo lungo dei nomi dei bambini palestinesi e israeliani uccisi. Nomi senza volti, volti senza voce, voci senza più storie.

È il vescovo di Cremona Antonio Napolioni a dare inizio alla seconda parte del pomeriggio, dando forma al sentimento, all’appello e all’impegno dei presenti raccolti sul sagrato. «Vedendo tutti voi insieme ci si può commuovere a darci una mossa, darci una svegliata, non rimanere inerti, non rimanere spettatori» ha esortato. Poi riprende i passi principali del documento sottoscritto dal card. Matteo Zuppi, presidente della Cei, Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, Yassine Lafram, presidente dell’Unione delle comunità islamiche d’Italia, Abu Bakr Moretta e Yahya Pallavicini per la Coreis, Naim Nasrollah per la Moschea di Roma: «L’odio e la violenza non hanno mai alcuna legittimità, portano solo la diffusione della crudeltà di chi cura ambiguamente interessi paralleli, volgarizzando e corrompendo le interpretazioni e la natura autentica dei testi sacri per benedire l’uso delle armi e organizzare la morte dell’altro». Primi applausi scroscianti. Liberatori. Ecco poi l’ostinata umanità, nonostante il male: «Dobbiamo denunciare la nefandezza di una propaganda che, sfruttando ingenuità e visceralità, ottenebra un discernimento sano e banalizza il senso profondo della nostra stessa umanità, inducendo a schierarsi l’uno contro l’altro ma mai a favore del bene». Ancora: «Bisogna ripartire dalla testimonianza della sacralità della vita e della santità della terra come doni di Dio, che nessuno possiede in esclusiva a discapito dell’altro. Incontriamoci tutti, incontriamoci subito». Poi il vescovo, aggiunge a braccio: «Qualunque cosa accada facciamo scuola di pace. La Chiesa di Cremona farà scuola di pace per se stessa e per tutti coloro che vorranno».

L’intervento del vescovo Antonio Napolioni

L’ostinazione del parroco bozzolese per la non violenza torna con urgenza nelle parole del vescovo di Mantova Gianmarco Busca: «Mazzolari era un uomo delle terre del Po tormentato dalla follia della guerra e dalla possibilità della pace. Lo straripamento delle acque del Grande Fiume evocava in don Primo la piena improvvisa della violenza di popoli imbestialiti che si saltano addosso. Così come ci sono i guardiani degli argini alla destra e alla sinistra del fiume, occorrono i guardiani degli argini della pace». Un fiume però c’è, ed è proprio lì davanti ai suoi occhi. Non è nero di morte: è una corrente di mille visi colorati, di audaci intenzioni, di risoluta fermezza per la pace. «Vogliamo stasera favorire uno straripamento della nostra comune responsabilità per la pace. “Ognuno di noi è un cielo che può dare pioggia o sereno, preparare la guerra o confermare la pace. Ognuno di noi è guardiano degli argini della pace”».

L’intervento del vescovo Gianmarco Busca

Poi l‘Imam di Viadana Mohammed Amin Attarki, che esordisce con un semplice «la pace sia con tutti voi». Perché essa non vive da sola. Altri applausi accompagnano le sue parole rivolte tutte alla cooperazione, al dialogo, alla convivenza sotto un cielo comune, quello di un Dio comune, non quello coperto dalle bombe. «I cittadini di Gaza potrebbero abbandonare le proprie case e fare in modo che la pulizia etnica e il genocidio arrivino al culmine. Gli uomini di religione hanno deciso di chiedere alle persone di resistere a casa loro, perché la pace deve essere lì. Essa non può essere trattata in nome di qualche pezzo di terra o qualche costruzione». Poi una richiesta, un’invocazione, una dignitosa supplica: «Il minimo che possiamo fare è dare voce a quelle persone con i nostri cuori tramite la preghiera per chi è di fede. Chi non segue una religione trovi un momento nella giornata per pensare, pregare, per quelle persone. Perché in fondo anche chi non ha religione alla fine si affida a qualcuno sopra di lui. Se pensiamo di non fare abbastanza, affidiamo quel non essere abbastanza al Signore; sicuramente lo renderà molto più grande». 

L’intervento dell’imam Mohammed Amin Attarki

Poi arriva il momento tanto atteso. Quello in cui si rompe l’ostinata cortina di false notizie e manipolazione e si sente la voce di chi questa tragedia umanitaria la vive, la sente, la racconta. La gente si riversa dentro la chiesa parrocchiale di San Pietro, dove sono conservate le spogli di don Mazzolari, sedendosi ovunque, di fronte a un maxischermo dove ad attenderli in collegamento da Gerusalemme c’è il cardinale Pierbattista Pizzaballa. «Mi piacevano gli scritti di don Mazzolari – esordisce il porporato –. Anche lui ha vissuto in tempi non semplici, la guerra, ed era capace, da dentro quella situazione drammatica, di avere una visione, di dire una parola autorevole basata sulla fede, fare sintesi con la vita e con il reale. Quello di cui abbiamo bisogno oggi». Inevitabile il racconto di cosa sta succedendo in Terra Santa e nella Striscia di Gaza. «La situazione è deteriorata, la nostra area è stata dichiarata zona di guerra, nessuno può entrare, non possiamo portare dentro un po’ di cibo». Però nei suoi occhi c’è un’ostinata consapevolezza. «Non ci arrendiamo, dobbiamo rompere questo muro, dobbiamo aprire un varco per arrivare a quelli che sono con noi». Per il patriarca latino di Gerusalemme c’è la necessità di dire una parola chiara, «né di neutralità astratta, ma nemmeno una parola che crea barriere: abbiamo bisogno di dire parole di verità che aprono canali in questo contesto così polarizzato».

Bambini, malati, anziani sono i protagonisti di questa resistenza muta; tra l’ostinazione di chi vuole restare e il desiderio di chi se ne va. «Finché ci sarà anche una sola persona qui noi resteremo qui. Noi siamo Chiesa e il pastore sta con le sue pecore, con la sua gente». Vivere con loro il dramma concreto, come missionari di una parola diversa, altra, migliore. «Non c’è rabbia, non c’è rancore, c’è stanchezza di questa situazione – racconta ancora il cardinale –. Dare concretezza alla speranza alle persone quando hanno perso tutto non è mai semplice, ma mi è chiaro dove questa deve stare. Le parole devono essere accompagnare dalla testimonianza. Non puoi separare le cose che dici da chi le dice». Poi la denuncia: «Sono venute meno le istituzioni, sia politiche sia multilaterali» che «hanno mostrato la loro debolezza, la loro incapacità di ascoltare e interpretare la realtà del territorio». «Abbiamo invece bisogno, in questo contesto, di riferimenti nella vita che ci diano prospettive – aggiunge Pizzaballa –. E questa mancanza crea un senso di disorientamento maggiore; non solo di quello che si sta vivendo ma, anche come si vive. E i sacerdoti, come tutti coloro che hanno un ruolo nella vita sociale e civile, sono l’unico riferimento della gente. È importante esserci, essere presenti, dare testimonianza», ripete ostinato. In un contesto in cui convivono musulmani, ebrei e cristiani risulta importare ricordare «che siamo creati a immagine e somiglianza di Dio. Questa immagine e somiglianza di Dio deve diventare espressione concreta nel modo in cui ne parliamo. Il linguaggio crea pensiero, crea cultura, crea riferimenti».

In chiesa c’è una nuova sfumatura di silenzio, quello del profondo ascolto. E nessuno ha osato disturbarlo. Neanche con i ventagli per allontanare il caldo. Il cardinale Pizzaballa non ha ancora finito. Ecco il passaggio più forte, intenso, decisivo: «Qui siamo chiamati a mettere in relazione tre parole tabù: giustizia, verità, perdono. Soltanto quando queste tre parole saranno in relazione tra loro allora si potrà anche parlare di pace. Perché perdonare non è fare un colpo di spugna, ma è riconoscere le cose nella loro verità. Però, senza una prospettiva di perdono, di riconciliazione, di desiderio di bene, diventa recriminazione». Infine il richiamo a non cedere alla violenza e alla vendetta: «Gesù ci manda come agnelli in mezzo ai lupi. I lupi ci saranno sempre. A volte gli agnelli saranno sbranati dai lupi, ma noi dobbiamo restare quei miti che con la loro vita, con il loro amore, con il loro sacrificio, costruiscono quello che poi lasceremo agli altri. È l’amore che genera bellezza e non il potere. E noi dobbiamo essere lì, noi dobbiamo essere lì» Rimanere lì, ancora una volta».

L’intervento del cardinale Pierbattista Pizzaballa

Dopo i saluti del cardinale, con un invito reciproco a Bozzolo e in Terra Santa, ci sono stati altri interventi. A cominciare dalla testimonianza di Rosario Uccella, di Global March to Gaza, e poi, attraverso video, la lettera della storica Anna Foa, autrice de Il suicidio di Israele (Ed. Laterza), e il contributo dell’attore e regista Moni Ovadia.

Mentre ciascuno di loro parlava, cassette delle offerte in favore di Gaza giravano tra i banchi. Infine la lettura comune del “Noi ci impegniamo” di don Mazzolari.

Jacopo Orlo
fonte www.diocesidicremona.it

“Gaza nostra ostinazione”, il 30 agosto marcia per la pace a Bozzolo

L’iniziativa promossa da Tavola della Pace e Ufficio Missionario Diocesano di Cremona

“La pace, nelle parole di don Primo Mazzolari, rappresenta un bene assoluto. Pace non solo come assenza di guerra ma come sistema sociale, economico, politico, giuridico, istituzionale alternativo alla guerra”. In questo passaggio dell’appello proposto dalla Tavola della pace di Cremona, dell’Oglio Po, di Brescia, Mantova per la pace e dall’Ufficio Missionario della Diocesi di Cremona, si coglie il cuore del significato della manifestazione che sabato 30 agosto raccoglierà cittadini, gruppi e associazioni a Bozzolo per una marcia della pace sulla tomba di don Mazzolari.

L’iniziativa, patrocinata dal Comune di Bozzolo e aperta a tutti – spiegano gli organizzatori – «è proposta per il l’immediato “cessate il fuoco” a Gaza dal titolo “Gaza nostra ostinazione” in coerenza con il messaggio sempre attuale sulla pace e per la pace di don Primo Mazzolari».

Il ritrovo per chiunque vorrà partecipare è previsto alle 16.30 in piazza Europa presso la Tenda di Solidarietà per la Palestina; poi partirà il corteo per le vie di Bozzolo, infine l’arrivo alla piazza Don Primo Mazzolari, davanti alla chiesa parrocchiale che custodisce la tomba del sacerdote.

Durante la manifestazione sono previsti collegamenti video con il cardinale Pizzaballa da Gerusalemme e gli interventi di Anna Foa e Moni Ovadia, scanditi dalla lettura di poesie palestinesi e brani di don Mazzolari.

Consapevoli della drammaticità del momento, gli organizzatori hanno proposto un documento condiviso in forma di Appello, esito di un lavoro di confronto tra esponenti di varie fedi e del mondo pacifista ed ecologista; su questo testo gli organizzatori chiedono l’adesione a cittadini, associazioni, sindacati, forze politiche ed enti locali. La condivisione dei punti qualificanti dell’Appello è l’unico criterio per l’adesione alla manifestazione, a cui si chiede di partecipare senza bandiere di partito, ma solo con bandiere della pace e bandiere palestinesi.

Qui il testo dell’Appello

Tra i punti irrinunciabili dell’Appello figurano il riconoscimento dello Stato di Palestina, il ripudio del Piano israeliano di occupazione di Gaza, la fine dei massacri che ormai hanno assunto il carattere di genocidio, il riconoscimento della titolarità del popolo palestinese a vivere a Gaza e a ricostruirla con l’aiuto della Comunità internazionale.

«L’appello – spiegano i promotori dell’iniziativa– ricorda e condivide la recente presa di posizione congiunta del cardinale Matteo Zuppi e del Rabbino della Comunità ebraica di Bologna a dimostrazione che fedi diverse possono difendere i più deboli, al di là delle appartenenze etnico-religiose, che l’ebraismo può non coincidere con le politiche del governo Netanyahu. Proprio per questo non vanno giustificati sentimenti antiebraici, va ovunque condannata la violenza, va pretesa la restituzione degli ostaggi israeliani. Insomma – conclude la nota di presentazione – la manifestazione di Bozzolo non intende dare per scontato che ormai il mondo è solo del più forte e del più armato, perché diritti umani e primato del Diritto Internazionale devono e possono rappresentare valori e prospettive del nostro futuro comune”.

fonte www.diocesidicremona.it